SPONGEPOP

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SPONGEPOP ©Ciandreamy

Photos by Putput Studio

MAKE IT POP

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California-based creative agency Farm Design created a super fun, summer promotional piece to push brand awareness and demonstrate the agency’s packaging and design capabilities to clients.

“We were trying to think of something that our clients would eat up that uniquely captures the essence of the summer season. The result was a fresh, fun promo item featuring locally produced popsicles. The overall promo concept is simple: let the popsicles be the star. A cohesive system was created using a white foam cooler, the signature “Farm Design Blue,” bold modern graphics, cheeky copy and sophisticated printing techniques.”

The campaign is a brilliant extension of the agency’s creative personality and approach to design. The colors pop off the paper in bright, saturated hues of blue, yellow, green and red and the graphics are reminiscent of 1960s-era pop art for a truly attention-getting experience.

FARE BRANDING SENZA FINIRE COME MELEGATTI.

Perché senza una mappa del senso si rischia di sbagliare strada. Il Marketing Transpersonale applicato ad un caso concreto.

Perché tanto clamore intorno al Pandoro Melegatti?

 

Un’edizione speciale del pandoro dedicata a Valerio Scanu prima e un pesante scivolone sui social di Melegatti hanno suscitato un acceso dibattito sui risvolti e sulle conseguenze indesiderate che certe azioni di marketing possono avere sui Brand.

In pochi giorni si è passati dal tono divertito della campagna social alle scuse aziendali, per arrivare velocemente all’annuncio dell’esautorazione dei responsabili della comunicazione social di Melegatti. Camillo Di Tullio, manager di Tim e marketing blogger, fa notare che su Twitter il brand è stato tra i trending topic per 8 ore, accusato dal “popolo della rete” non tanto di omofobia, ma di un epic fail che si candida a rimanere tra quelli che si ricordano nei corsi e nei libri dedicati ai casi di studio del marketing.

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ILLUSTRATOR – A DOCUMENTARY

An image is worth a thousand words.

Is this the reason why in the world of publishing, journalism, media, illustration is used so often? Be it the cover of a book, or the fact it matches an article, or that it allows to make an infographic or commercial, illustration, still or animated, it has become the key to success and awareness of a variety of newspapers and magazines.

But who lies behind the image? An illustrator, naturally.

The work of a freelance illustrator is a “new” job, especially in Europe, also if from some perspectives it could be considered as ancient as printing. Nowadays illustrators are recognized at an international level, they earn a lot, and travel to find new sources of inspiration.

How do you become an illustrator? How does an image come to life? How much time does it take to create a personal and recognizable style? What steps do you have to take to become famous and work for magazines, websites and international newspapers?

ILLUSTRATORS is a documentary that asks these questions to four Italian artists, who are wide world famous and have been awarded many prizes and recognitions: Alessandro “Shout” Gottardo, Emiliano Ponzi, Olimpia Zagnoli and Francesco Poroli. Four people who, through talent and technology, have managed to pursue their dream.

The list of newspapers they work for is boundless: The New York Times, The New Yorker, Los Angeles Times, Time, Wired, GQ, Vanity Fair, Newsweek, The Washington Post , Businessweek, The Boston Globe, Le Monde, The Guardian, London Telegraph, Rolling Stone as well as many advertising and media agencies.

ILLUSTRATORS unveils their personal and intimate side and tells how, by starting with a pencil sketch, you may conquer the world without having to write a word. Because, indeed, an image is worth than a thousand words.

FACEBOOK: https://www.facebook.com/Illustratori

Andrea Chirichelli
andrea.chirichelli@tin.it

Marco Bassi
marcobassi4@gmail.com

ILLUSTRATORS

http://www.olimpiazagnoli.com/
http://www.francescoporoli.it/
http://www.emilianoponzi.com/
http://www.alessandrogottardo.com/

ART & COPY

https://vimeo.com/82802773

 

Il documentario originale “Art & Copy” in inglese.

Il mondo della pubblicità raccontato dai suoi protagonisti.

George Lois, Mary Wells, Dan Widen, Lee Clow, Hal Riney, David Kennedy, Phyllis K. Robinson sono i Mad Men – storica serie tv ambientata nella Grande Mela degli anni sessanta che aveva per protagonisti i pubblicitari di un’importante agenzia newyorchese -, i creatori di campagne pubblicitarie che hanno reso celebri nel mondo espressioni come Just Do it, I love NY, Got Milk, Think Different e che hanno promosso marchi come Levi’s, Apple, Coca Cola.
I “brand” che hanno catturato l’attenzione della società di ieri e di oggi, che hanno anticipato le mode, i gusti e i bisogni di migliaia di persone. Cosa si cela dietro ad un sport televisivo o a un cartellone che costegga l’autostrada? Il mondo della pubblicità, dell’advertising, un mercato in continua crescita, che muove milioni, ma di cui spesso non si conoscono i meccanismi, è messo a nudo dal bel documentario Art & Copy, firmato dal prolifico sceneggiatore, montatore e regista Doug Pray – autore di cui ricordiamo, Hype!, Scratch e un documentario sul Sundance Filmmaker’s Lab, Sundance 20 con Robert Redford, Quentin Tarantino, Stanley Tucci, Singourney Weaver.
Pray ricostruisce il fenomeno pubblicitario a partire dai suoi primi passi, ovvero dal 1960, quando l’advertising fa provocatoriamente il suo ingresso nell’olimpo dell’arte figurativa grazie ad Andy Warhol, ai decenni successivi fino ad oggi, intervistando e dando un volto a quelle figure poco note al grande pubblico, coloro che hanno saputo plasmare e influenzare la comunicazione a livello planetario. Un racconto avvincente, scandito da un ritmo sostenuto dalla prima all’ultima battuta del film, che ci riguarda un po’ tutti.

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FIRST CONCEPT. THEN DESIGN.

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CHE COS’È

Un concept è una soluzione ad un problema che non è stato ancora risolto o che finora è stato risolto in maniera insoddisfacente oppure propone una opportunità per nuove attività ed esperienze.
Generare concept significa produrre ed aggregare in modo nuovo significati per una soluzione ad una necessità/opportunità reale e radicata in un contesto.
L’obiettivo del processo di generazione di concept è quello di proporre soluzioni.

E’ una parte fondamentale del processo di design. Consiste nello specificare le qualità e gli attributi del prodotto/servizio che si sta progettando. Si terrà  in considerazione il maggior numero possibile di prospettive, (quella dell’utente, della tecnologia, del mercato, quella strategica), e a diverse scale (dalle applicazioni agli strumenti dagli spazi ai servizi).
Il risultato e’ una costellazione di concept di vario livello di specificità che fanno riferimento ad una stessa “vision” di progetto.

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La città è la nostra casa

White Street at Seigel Street, Bushwick.   (Photo: Courtesy of the artist)

White Street at Seigel Street, Bushwick.
(Photo: Courtesy of the artist)

Camminando per le strade di New York potreste trovare un soggiorno di metà secolo scorso posizionato en plein air in prossimità della Subway Morgan L …  o magari incappare in un bagno completo di vasca sui marciapiedi  di Chelsea..  continuate a cercare

 17th Street, between Ninth Avenue and Tenth Avenue, Manhattan.   (Photo: Courtesy of the artist.)


17th Street, between Ninth Avenue and Tenth Avenue, Manhattan.
(Photo: Courtesy of the artist.)

#setinthestreet  è un progetto – intenzionalmente effimero – nato dalla collaborazione tra Justin Bettman, un fotografo ventitreenne  nativo della California con un anello al naso e Eker uno stilista pop. Accomunati  dalla  passione  per  Wes Anderson e l’estetica kitsch decidono – per sbarcare il lunariodi comporre queste fotografie. Tutto cio’ di cui  avevano bisogno era un angolo di 90 gradi: il luogo dove il marciapiede incontra un muro.

Rivington Street, between Orchard and Ludlow, Manhattan.   (Photo: Courtesy of the artist)

Rivington Street, between Orchard and Ludlow, Manhattan.
(Photo: Courtesy of the artist)

A volte i ragazzi scelgono le strade guardando  Google Street View; altre volte Bettman passa la sua mattina facendo jogging scovando le giuste posizioni e gli oggetti di scena: lampade, ventilatori gettati in mezzo a bidoni di riciclaggio, oppure  una testa di cervo taxidermied abbandonata su Bedford Avenue. Tutti gli oggetti vengono ripuliti, e “parcheggiati” nel garage di un amico per poi essere trasferiti nella posizione prescelta durante le  prime ore del mattino.
 White Street at Seigel Street, Bushwick.   (Photo: Courtesy of the artist)

White Street at Seigel Street, Bushwick.
(Photo: Courtesy of the artist)

Paghiamo così tanti soldi per la casa, ma c’è anche così tanto a nostra disposizione gratuitamente, dice Bettman. Lui e Eker insistono che nell’affermare che non stanno sporcando; “piuttosto curiamo” i mobili dismessi e li mettiamo in una zona della città, così che la comunità possa vederli.” Ci sono anche alcuni fan delle istallazioni che aumentano le scene con propri oggetti. E ‘entropia urbana !Un soggiorno istituito a Bushwick è rimasto per otto giorni, mentre una camera da letto nel Lower East Side è durato solo tre oreIndipendentemente da ciò, la lezione è la stessa: i Mobili sono più liberi e lo spazio pubblico ha molte meno regole di quanto si pensi! 🙂
Ringrazio Jeremy Wilson per le sue dritte d’oltreoceano.

Il Blackout di Blu :)

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Hanno cancellato le opere di uno dei miei artisti preferiti.

Non so quante volte sono passata e ripassata a guardare quei muri a Berlino, e ora non potrò farlo mai più. Da Blu al nero totale. Cos’ho tanto da sorridere allora?

La cancellazione di un’opera può essere un’opera d’arte ancora più grande. Non mi credete?

Qui non si tratta delle solite stronzate di un Comune che imbianca la Street Art o i Graffiti –senza neanche riuscirci e lasciando imbarazzanti aloni sui muri. Questi murali sono stati coperti da un collettivo (?) vicino a Blu, e con il suo consenso. E perché? Perché in quell’area verrà costruito un complesso residenziale che avrebbe goduto di una vista privilegiata sulle opere e di un prezzo pompato proprio a causa di questa speculazione.

Il colmo per un artista che da sempre lotta con gli occupanti e dipinge gratis gli squat per salvarli da demolizione o evacuazione.

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Insomma ricoprire le opere è stato un gesto pieno di senso, una performance politica, estetica e concettuale: un bel dito medio alle agenzie immobiliari e una denuncia della gentrificazione che anche a Berlino pare inarrestabile.  Ora è tutto nero, l’arte è a lutto.

Quello di Blu sembra proprio un black-out: un atto che destabilizza, rompe una falla nel sistema. Si e’ spenta un’opera che non poteva piu’ comunicare.

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Bruno Munari: fantasia, invenzione, creatività ed immaginazione. Una lezione a Venezia del 1992

Bellissimo frammento video che riporta una lezione che Bruno Munari fece all’Università di Venezia nel 1992. Nello specifico, qui si parla della differenza tra la fantasia e l’invenzione, del ruolo della creatività e dell’immaginazione.

“La fantasia permette di pensare a qualcosa che prima non c’era senza nessun limite…anche cose che non sono realizzabili praticamente. L’esempio è quello del drago di San Giorgio… che non esiste ma è fatto con parti di animali esistenti […]

L’invenzione invece produce qualcosa che prima non c’era… ma senza problemi estetici… L’inventore produce un meccanismo e non si preoccupa che sia anche bello, si preoccupa solo che sia perfettamente funzionante […] poi c’è la creatività, che usa sia la fantasia che l’invenzione per produrre qualcosa che prima non c’era ma che sia realizzabile e funzionante.

L’immaginazione permette alle persone di immaginare quello che la fantasia, l’invenzione e la creatività producono.”

Il video è collegato a tutta una serie di altri frammenti che trovate su Youtube, in cui il grande Munari eviscera questi concetti con grande senso pratico.

“Allenare la creatività… si fa con la sperimentazione. La creatività opera nella memoria, come la fantasia e l’invenzione… più dati ci sono e più si possono fare collegamenti […] io mi preoccupo sempre che un giocattolo possa essere manipolato dal bambino, non deve essere solo da guardare”